Patologie Comuni

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SINDROME DEL TUNNEL CARPALE

A livello del polso il nervo mediano passa in un canale, il canale carpale, insieme ad altre strutture, cioè i tendini flessori delle dita. Se lo spazio in questo canale diminuisce il nervo è compresso e trasmette male. I sintomi sono: formicolii alle prime tre dita (pollice, indice e medio) soprattutto durante la notte, perdita di forza e di sensibilità. Per completare la diagnosi è bene eseguire una elettromiografia, esame che permette di studiare e stadiare la compressione del nervo.

Nei casi più lievi è possibile trattare questa patologia con dei trattamenti conservativi come tutori fatti su misura del paziente da un terapista della mano ed esercizi mirati. Nei casi più gravi è invece necessario ricorrere all’intervento chirurgico di decompressione endoscopica che consiste nell’apertura del legamento trasverso del carpo (il “tetto” del canale carpale). L’intervento, che dura circa 5 minuti, è eseguibile in regime di Day Hospital ed in anestesia locale. Il post-operatorio prevede una medicazione leggera, nessuna immobilizzazione e, in casi particolari, un paio di sedute di fisioterapia per consentire una migliore ripresa delle abituali attività quotidiane.

DITO A SCATTO (O TENOSINOVITE STENOSANTE)

I tendini flessori delle dita scorrono all’interno del canale digitale formata da diverse pulegge. Quando questi tendini si infiammano aumentano di volume fino a formare un nodulo palpabile a livello della base del dito che determina lo scatto doloroso nei movimenti di flesso-estensione. Nei casi più gravi il dito può arrivare a bloccarsi.

Il trattamento conservativo , applicabile nei casi meno severi, prevede una piccola infiltrazione di corticosteroide in sito che nella maggior parte dei casi consente la risoluzione completa della sintomatologia. Nei casi di fallimento del trattamento conservativo e nei casi più gravi è indicato l’intervento chirurgico di trocleotomia basale che consiste nell’apertura della puleggia basale al fine di interrompere il meccanismo che non permette al tendine di disinfiammarsi. L’intervento dura circa 10 minuti, è eseguibile in regime di Day Hospital ed in anestesia locale. Il post operatorio è caratterizzato da una medicazione leggera, nessuna immobilizzazione e, in casi selezionati, un paio di sedute di fisioterapia per consentire una più rapida ripresa delle abituali attività quotidiane.

MORBO DI DUPUYTREN

Tutte le strutture della mano sono avvolte da una fascia chiamata aponeurosi che le conferisce particolari caratteristiche tra cui la resistenza. Talvolta, per motivi genetici, quindi scritti nel nostro DNA, le cellule di questa aponeurosi impazziscono e cominciano a produrre eccessivo collagene che si deposita a livello della faccia anteriore della mano provocando la formazione di noduli. Se la patologia progredisce questi noduli diventano dei cordoni che possono progressivamente portare alla flessione delle dita interessate. Se e come la patologia progredisce è impossibile saperlo essendo del tutto soggettiva. Caratteristiche intrinseche della patologia sono però la recidiva, cioè il fatto che tende a tornare dove è già stata trattata, e l’estensione, cioè il fatto che può presentarsi dove prima non c’era. Per questo è bene intervenire solo quando le dita si cominciano a flettere e non è più possibile estenderle completamente.

A seconda della gravità del caso si può eseguire una cordotomia percutanea a ago, intervento eseguibile in anestesia locale in poco minuti con immediata ripresa della funzionalità della mano, oppure l’intervento chirurgico con tecnica open, chiamato aponeurectomia, che prevede l’asportazione del tessuto patologico a carico del palmo della mano.Risultato è il recupero pressochè completo della flesso-estensione delle dita. Dopo il trattamento il paziente deve indossare un tutore notturno per evitare che le dita interessare possano nuovamente piegarsi ed eseguire delle sedute di fisioterapia per un più rapido recupero. In confronto all’intervento chirurgico tradizionale i tempi di recupero si riducono notevolmente vista l’assenza di ferite da medicare e la possibilità di cominciare da subito la riabilitazione.

RIZOARTROSI

L’artrosi è una patologia degenerativa che colpisce tutte le superfici articolari: la cartilagine articolare si consuma, le superfici ossee sfregano tra di loro in maniera anomale determinando la comparsa di dolore. A carico della mano l’articolazione più colpita è quella alla base del pollice (articolazione trapezio-metacarpale) con la comparsa di importanti dolori nei movimenti di presa fino ad una deformazione del pollice a "Z". Più colpite sono in genere le donne dopo i 40 anni. Utile a fini diagnostici e per la stadiazione, è l’esecuzione di una Rx mani comparate per studiare l’articolazione.

Il primo approccio è un trattamento conservativo che con l’ausilio di un tutore statico notturno e un tutore funzionale diurno consente di ridurre l’infiammazione a livello articolare e pertanto la sintomatologia riferita dalla paziente permettendo l’utilizzo della mano nelle abituali attività quotidiane. Il trattamento conservativo prevede anche delle sedute di terapia occupazionale per insegnare al paziente determinati accorgimenti per usare la mano senza sovraccaricare l’articolazione e pertanto senza sentire dolore.

Nei casi più gravi o in cui la sintomatologia non sia controllabile con la terapia conservativa è indicato l’intervento chirurgico. L’intervento dura circa 40 minuti ed è eseguibile in Day Hospital in anestesia loco-regionale (si addormenta tutto il braccio). Dopo l’intervento il paziente deve indossare un tutore di protezione ma comincia da subito la riabilitazione con il terapista della mano che dura almeno 3 mesi e che risulta essere importante tanto quanto l’intervento chirurgico.

MORBO DI DEQUERVAIN

Chiamata anche la malattia delle mamme e delle nonne è l’infiammazione dei tendini che estendono (estensore breve) e fanno aprire (abduttore lungo) il pollice. Tale patologia è caratterizzata da un dolore intenso a livello del polso alla base del pollice esacerbato dai movimenti di presa. Se non trattata questa tendinite diventa cronica.

Nei casi acuti o meno gravi il trattamento indicato è quello conservativo caratterizzato dall’impiego di un tutore statico che, indossato durante la notte, consente di ridurre l’infiammazione tendinea e quindi la sintomatologia lamentata dal paziente. Sono fondamentali anche delle sedute di terapia occupazionale al fine di insegnare al paziente come eseguire le abituali attività quotidiane senza sovraccaricare questi tendini particolarmente infiammati.

Quando il trattamento conservativo non ha portato alcun benefico o nei casi più gravi è indicato l’intervento chirurgico di liberazione del canale di DeQuervain che si esegue mediante una piccola incisione al polso in anestesia locale ed in regime di Day Hospital. All’intervento non segue alcuna immobilizzazione ma la ripresa immediata di tutte le attività quotidiane.

CISTI DEL POLSO

L’articolazione del polso è avvolta da una capsula articolare all’interno della quale si trova il liquido sinoviale che funziona da lubrificante per l’articolazione stessa. Talvolta delle piccole zone di lassità della capsula articolare possono provocare la formazione di cisti tendinee nella maggior parte dei casi nella parte dorsale del polso che, soprattutto in seguito a sforzi sportivo o lavorativi, possono risultare dolorose. Utile è l’esecuzione di una ecografia per completare la diagnosi.

Se la cisti risulta di piccole dimensioni e non provoca particolari fastidi può essere sufficiente l’osservazione per controllare che non aumenti di volume. Talvolta queste cisti possono anche riassorbirsi da sole. Non è mai invece indicata l’aspirazione con ago in quanto se non si elimina il peduncolo che mette in comunicazione con l’articolazione la ciste si riformerà molto presto. L’intervento chirurgico di asportazione è eseguibile in regime di Day Hospital ed in anestesia loco-regionale (si anestetizza solo il braccio). Purtroppo queste cisti possono ripresentarsi anche in seguito ad un corretto approccio chirurgico. A seguito dell’intervento sono necessarie delle sedute di fisioterapia per evitare la formazione di cicatrici esuberanti e di aderenze tendinee.

FRATTURE

Si definisce frattura l’interruzione della continuità di un osso. Può essere composta, quando i monconi sono allineati, o scomposta; chiusa o aperta quando associata a lacerazione della cute sovrastante con un maggior rischio di infezione. Le fratture di polso e dita sono relativamente comuni e caratterizzate da dolore, aumento di volume della zona interessata, deformità dell’arto ed impotenza funzionale. Ma non sempre se muovo un dito non vuol dire che sia rotto! Per la diagnosi nella maggior parte dei casi è sufficiente una RX in più proiezioni completata nei casi più complessi da una TAC.

Una frattura composta e stabile può essere trattata con l’applicazione di un tutore di immobilizzazione da mantenere fisso fino a guarigione ossea (almeno 3-4 settimane). Nei casi di fratture scomposte si rende invece necessario l’intervento chirurgico di riduzione e stabilizzazione con chiodini metallici e talvolta placche e viti. Data l’immobilizzazione necessaria per la guarigione ossea il trattamento riabilitativo successivo è di fondamentale importanza per ridurre al minimo il rischio di rigidità.

PATOLOGIA TRAUMATICA: LESIONI TENDINEE E NERVOSE

Tutte le strutture della mano sono estremamente superficiali. Per questo motivo è necessario non sottovalutare nessuna ferita o lacerazione in quanto possono associarsi a lesioni tendinee e/o nervose. I tendini sono quelle strutture che permettono ai muscoli di piegare ed ed estendere polso e dita. Una ferita anche superficiale può provocarne una lesione completa, con immediata incapacità a flettere o a estendere il segmento interessato, o parziale con conseguente rottura completa a distanza, se non riconosciuta e trattata in tempo. I nervi di mano e polso sono invece quelle strutture che consentono di trasmettere l’impulso nervoso ai muscoli e la sensibilità. Una lesione nervosa è caratterizzata da paralisi dei muscoli innervati (se interessato un nervo motorio) o perdita di sensibilità (quando interessato un ramo nervoso sensitivo). Nella maggior parte dei casi le due sintomatologie si combinano.

Per queste motivazioni le ferite a carico di polso e mano devono essere sempre esplorate per escludere una lesione, seppur parziale, tendinea e/o nervosa. In caso di lesioni tendinee si procederà alla riparazione per ristabilirne la continuità e la funzione. Una riparazione precoce è sempre la miglior soluzione in quando consente una sutura diretta dei due capi tendinei (tenorrafia). Infatti, se non riparato, con il passare del tempo i capi tendinei tendono a retrarsi rendendo necessarie procedure chirurgiche più complesse con un recupero della motilità inferiore. Dopo l’intervento e un eventuale periodo di immobilizzazione è necessario un periodo di riabilitazione eseguita da un terapista della mano con l’ausilio di tutori sia statici che dinamici per recuperare la funzionalità del tendine lesionato e ridurre al minimo il rischio di aderenze. Tali aderenze costituiscono il risultato fisiologico del processo di guarigione,ma se si formano in maniera eccessiva possono risultare in rigidità articolare tale da rendere necessarie ulteriori procedure chirurgiche.

Anche le lesioni nervose devono essere trattate chirurgicamente in tempi brevi in modo da poter eseguire una riparazione diretta dei capi nervosi (neurorrafia). Qualora passasse troppo tempo dal trauma o esistesse un gap tra i due capi nervosi è possibile ricorrere ad innesti nervosi, prelevando una piccola porzione di nervo da un’altra parte del corpo, o ad un innesto di muscolo in vena. La capacità di crescita del nervo dipende da diversi fattori tra cui, l’età del paziente, il tipo di trauma, il tempo trascorso dal trauma. In seguito all’intervento chirurgico è necessario un periodo di riabilitazione specifico al fine di prevenire la rigidità articolare e l’atrofia dei muscoli innervati dal nervo leso.

LESIONI LEGAMENTOSE DEL POLSO

Talvolta dolori a carico del polso si associano a lesioni legamentose avvenute durante traumi che il paziente non ricorda neanche. I legamenti del polso sono numerosi e molto complessi. Un primo approccio diagnostico si esegue con una visita specialistica e una Rx di polso accompagnata da esami di secondo livello tra cui RMN e TAC. Nella diagnosi delle lesioni legamentose di polso utilissimo ausilio è costituito dall’artroscopia, che consiste nell’inserire all’interno del polso una piccola telecamera, tramite una serie di minincisioni cutanee, per studiare lo stato di legamenti e superfici articolari e testarne la tenuta. In casi selezionati è possibile anche eseguire alcune procedure chirurgiche per via artroscopica, senza dover “aprire” l’articolazione, con un recupero post-operatorio più rapido e meno doloroso. L’intervento è eseguibile in regime di Day Hospital e in anestesia loco-regionale, cioè addormentando solo l’arto superiore.


LE MALFORMAZIONI CONGENITE

La mano, morfologicamente completa e correttamente funzionante, sin dalla nascita rappresenta un elemento indispensabile per l’essere umano permettendo, grazie alla sua funzione di pinza e presa, tramite la manipolazione e l’utilizzo di oggetti, l’esplorazione del mondo circostante e l’apprendimento. Diverse sia per gravità che per tipologia sono le malformazioni che possono essere presenti alla nascita a carico della mano e colpiscono 1 bimbo su 1500 nati. Fra le più comuni sono la sindattilia (l’unione di due o più dita), l’agenesia (l’assenza di una o più dita), la camptodattilia (la deformazione in posizione piegata di una o più dita), la clinodattilia (la deviazione in posizione laterale delle dita), la brachidattilia (la presenza di dita più corte del normale). Talvolta le malformazioni delle mani fanno parte di quadri sindromici, cioè si associano a malformazioni degli arti inferiori o del distretto cranio-facciale o di organi interni. Tra le più comuni sono presenti l’artrogriposi, la Sindrome di Down e la Sindrome di Apert. Le malformazioni della mano determinano nel bambino un importante deficit funzionale che influirà sullo sviluppo psicofisico, sul suo comportamento e sulla sua vita di relazione. E’ quindi necessario fare diagnosi alla nascita per stabilire da subito il corretto iter terapeutico nei tempi adeguati: è infatti tra i 10 e i 18 mesi che il cervello prende coscienza delle funzioni della mano ed impara ad usarla, adattando gli schemi mentali al suo sviluppo morfologico e funzionale. Grazie alla diagnostica prenatale talvolta è possibile eseguire anche una diagnosi ecografica ed un colloquio prenatale tra genitori e specialista della mano che permette ai genitori stessi di vivere il momento del parto con maggiore tranquillità.

Il trattamento della patologia malformativa prevede nella maggior parte dei casi uno o più tempi chirurgici, sempre seguiti da un periodo di riabilitazione, per dare al piccolo paziente una mano il più possibile funzionale. Soprattutto nel campo pediatrico l’intervento chirurgico non può separarsi dalla riabilitazione che, attraverso il gioco, consentirà al bimbo di prendere coscienza della sua nuova mano e di come utilizzarla. Fondamentale nel percorso riabilitativo è il ruolo dei genitori che, all’inizio insieme al fisioterapista e successivamente sempre più autonomamente, saranno protagonisti della riabilitazione. Il piccolo paziente verrà poi sottoposto a controlli semestrali o annuali per evidenziare durante la crescita l’eventuale necessità di eseguire ulteriori procedure chirurgiche, basate sulle specifiche esigenze del singolo. Anche l’aspetto psicologico è fondamentale: sia il piccolo che i genitori sono seguiti sin dalla prima visita da uno specialista nel settore che aiuterà i genitori nel pre e post-operatorio e per capire come illustrare al piccolo la sua condizione.

MICROCHIRURGIA

La microchirurgia è quella tecnica chirurgica che si avvale di mezzi di ingrandimento ottico che permettono di trattare strutture anatomiche che sarebbero altrimenti impossibili da approcciare a causa delle loro piccole dimensioni. Per eseguirla è necessario un chirurgo con un lungo training dedicato e strumentazione adeguata. La microchirurgia viene utilizzata soprattutto nel reimpianto di segmenti amputati ma è sempre più impiegata nella ricostruzione post-traumatica o post-oncologica.